Pausa caffè a Budapest

Budapest-pausa-caffè-foto-di-Tiziana-Bergantin-A601Gli ultimi istanti a Budapest li consumiamo in uno dei Costa Cafè del centro. Pioviggina, c’è vento. La pausa ci serve per far lievitare il tempo il più a lungo possibile e anche per ripararci dalla pioggia, sta di fatto che ce la prendiamo comoda. Ci sediamo su un divano davanti alle nostre tazze fumanti, il bar è pieno di ragazzi, la maggior parte di loro stanno con gli occhi fissi sui portatili, sui cellulari. Ci sediamo in silenzio, senza fretta, senza consultare il prossimo itinerario, senza decidere quale sarà la prossima meta. Lasciamo scorrere i minuti che ci separano dal ritorno a casa senza la frenesia da assalto che ci prende di solito quando abbiamo poco tempo a disposizione e tanto da vedere. Tra una manciata di minuti ci alzeremo e come sempre mi prenderà quella malinconica sensazione che  precede la partenza. So che non rivedrò più questa città, mai più e, se una parte di me gioisce al pensiero di ritornare al mio solito rassicurante quotidiano, l’altra se ne rattrista, come ogni volta.

Apro il tablet e annoto le mie sensazioni. Guardo oltre la grande vetrata, il vento muove le foglie leggere degli alberi e ancora prima di percepirlo sento il freddo insinuarsi tra i capelli, sul collo, porto una mano alla gola chiudendo la lampo della felpa fino al mento.

La porta si spalanca, entra una giovane donna. Un ragazzo sospende di battere i tasti del portatile, si alza e le va incontro, si abbracciano, forse è la sua ragazza o forse è soltanto un’amica, chissà. Incrocio lo sguardo di Piero che con un cenno del capo mi indica la porta ma non voglio ancora alzarmi. Sono pervasa da una piacevole rilassatezza che vorrei prolungare il più possibile. Un ultimo sorso di caffè e ci incamminiamo verso l’uscita.

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