Aceto Balsamico, opera d’arte da museo.

Dopo un breve soggiorno sulle colline emiliane di qualche settimana fa, sulla via del ritorno, visito un tempio di eccellenza italiana, custode di una vera prelibatezza da intenditori e non.
Da come si può intuire il mondo dell’aceto balsamico, in terra modenese, è cosa molto seria. E’ conservare e tramandare secondo i valori di una antica tradizione, è studio, lavoro, è passione smisurata per un prodotto che ha radici profonde. Grazie all’impegno di persone devote e appassionate, per celebrare il frutto di tanto lavoro secolare, a Spilamberto nel 2002 nasce il Museo del Balsamico Tradizionale, un piccolo mondo che ci accompagna alla scoperta del “nettare nero”.
Aceto Balsamico Tradizionale di Modena – prodotto DOP certificato dall’Unione Europea nel 2000.

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Arrivo a Spilamberto e trovo un comodo parcheggio nelle vicinanze del museo. La Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale è ospitata nella Villa Comunale Fabriani di via Roncati. Alla reception, una signora gentile, mi informa sul percorso da seguire e mi da consigli su come utilizzare al meglio i dispositivi video presenti nelle sale. Potrò visitare in autonomia soltanto le sale che si trovano al piano terra dell’edificio poiché la visita all’acetaia sociale, governata e gestita dai maestri di consorteria, è permessa solo con una guida ad orari prestabiliti e io ho poco tempo, devo rinunciare. Mi spiace perché con la visita all’acetaia, avrei visto il patrimonio custodito in soffitta, una distesa di tante botticelle che riposano a lungo prima di essere imbottigliate e inoltre mi sono persa una serie di degustazioni di aceto di chissà quali annate.
Consiglio la prenotazione online per la scelta degli orari.

La mia visita inizia con un video introduttivo che illustra la storia e le fasi di produzione. In una sala sono presenti alcuni strumenti e macchine per la raccolta e la lavorazione dell’uva.

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La sala più curiosa ha le pareti tondeggianti ed è tutta rivestita in listelli di legno, si ha la sensazione di entrare in una grande botte. La sala/botte contiene botticelle di aceto di varie grandezze e annate. Le informazioni suggerite dal museo ci fanno capire che ogni movimento, ogni azione, riguardo alla produzione del prezioso condimento, dev’essere ben ponderata, ci sono regole precise dettate dai maestri, da seguire in modo scrupoloso, a partire dalla scelta dell’uva. La più adatta per fare un buon aceto balsamico è l’uva Trebbiano, ma anche un buon Lambrusco (quello che normalmente si usa anche nelle piccole produzioni di famiglia) dà ottimi risultati. La vendemmia dovrebbe essere fatta “in modo garbato” per non stressare i grappoli. Il mosto deve cuocere all’aperto ad una temperatura compresa tra i 90 e i 95 gradi. Infine, la pazienza e l’attesa, sarà il tempo ad avere il compito di raggiungere l’apice del completamento dell’opera. Quando si parla della “pazzia” dei modenesi che ci mettono 25 anni per condire un’insalata, ecco, è più di questo, è rasentare la perfezione realizzando un prodotto prezioso di altissimo livello.

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Si passa alle sale adiacenti che custodiscono botticelle di più recente produzione affiancate a quelle più datate, un delicato e inconfondibile aroma di aceto balsamico è nell’aria. Ogni botticella riporta alcune informazioni tra le quali: la data, l’identificazione alfanumerica, i litri contenuti, il nome del committente, il tipo di legno usato (elemento importante perché ogni tipo di legno utilizzato rilascia all’aceto note aromatiche diverse). Le piccole botti sono costruite seguendo una procedura che non è cambiata nel tempo, prevede l’uso di legni nobili essiccati in modo naturale e di fasce in acciaio che devono abbracciare saldamente le assi curve affinché “neppure una lacrima del prezioso prodotto possa andare perduta”.

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Infine si passa alle ultime sale in fondo al corridoio. Qui sono custodite ampolle, bottiglie, testi che ci raccontano la strada percorsa dall’aceto nella storia. Tra i tanti troviamo anche un prezioso messaggero del passato, una bottiglia che contiene ancora quello che è definito “Aceto Balsamico Brusco” del 1785 (pare ancora commestibile). La mia visita si conclude. E’ così, il nostro Paese è una continua scoperta.
Prima di uscire ho ricevuto un piccolo omaggio da parte della gentile operatrice, due piccole ampolle con alcune gocce preziose: un assaggio di aceto invecchiato 12 anni e uno di 25 anni.

Il torrione medievale di Spilamberto.


Sito Web: Museo del Balsamico Tradizionale Spilamberto


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